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Sensibilità e appagamento

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autumn-619775_1280Numerosi lavori di ricerca puntano il dito sulla soglia di percezione gustativa come possibile causa di una alimentazione disordinata. In poche parole chi percepisce meno i sapori per raggiungere un certo livello di appagamento avrebbe la necessità di mangiare di più, soprattutto di quei cibi che contengono elementi gratificanti quali zuccheri e grassi.

Ora, sulla soglia di percezione incide l’età, la cultura e la genetica. Per quanto riguarda la prima è risaputo che l’invecchiamento produce un’attenuazione della percezione sapida, tanto che aumenta molto anche la tolleranza all’amaro. La cultura ha indiscutibilmente la sua importanza: ciò che è dolce giusto per un italiano, è poco dolce per un americano e stucchevole per un giapponese. Ma la genetica è forse la prima causa delle notevoli differenze tra soglie di percezione gustative esistenti tra soggetti di pari età e della medesima area culturale. Da indagare più a fondo vi sono però due fattori: l’interazione del gusto con gli altri sensi e l’importanza del rito.

Cominciamo con quest’ultimo: qual è il differenziale del livello di appagamento tra chi si siede in un ambiente confortevole, con un tavolo ben preparato, e chi ingurgita la medesima quantità di calorie di fretta o in un ambiente chiassoso? Se secondo un team di ricercatori della Oxford University cambia persino il gusto dello yogurt al variare del colore del cucchiaio, mentre i loro colleghi del Minnesota hanno decretato che dando la possibilità di scartare cioccolato in due fasi si provoca addirittura la disponibilità dell’utente a pagarlo di più.

Ma l’interazione del gusto con la vista, l’udito e, soprattutto, con il tatto e l’olfatto, potrebbe avere ancora più importanza. Che succede all’appagamento se in una pietanza unisci al sapore una carezza per il palato o un aroma esaltante?


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